due migrazioni

Da più di dieci anni trascorro molto del mio tempo in Maremma. La mia famiglia è sarda e io sono la prima generazione nata e cresciuta nel “continente”. Ed era inevitabile che mi appassionassi a un’altra migrazione: quella dei pastori sardi che a partire dagli anni ’50 arrivarono in Maremma lasciando l’isola per una terra che permetteva pascoli migliori, era collegata bene via mare, oltre a riprodurre rara altra terra in italia, quella bassissima densità di popolazione che contraddistingue la Sardegna.
È una migrazione di qualche centinaio di persone, forse più di un migliaio. Portano in Maremma gran parte della cultura sarda e quella grande abilità nell’allevamento delle pecore. Molti sono nuclei familiari ancora completamente sardi, rari i matrimoni con donne “maremmane”, e ancora molti i pastori che passano la vita da soli. (…)
A distanza di anni le nuove generazioni raramente vogliono fare il mestiere dei padri: quest’ultimo fattore, insieme all’apertura delle frontiere con l’Est e alla cosiddetta “crisi dei Balcani”, ha fatto nascere una nuova migrazione di pastori, questa volta da est verso ovest, e ai pastori sardi sempre più spesso si affiancano rumeni, albanesi, macedoni, kosovari e montenegrini: uomini spesso soli o raramente accompagnati da mogli e figli, ma che considerano questa una migrazione temporanea, sperando di tornare in patria presto. Ai pastori dell’Est si accompagna un’altra migrazione temporanea, due o tre mesi l’anno nella primavera inoltrata: quella di giovani pastori australiani o neozelandesi che vengono per la tosatura delle pecore, una specializzazione che velocizza i tempi dell’operazione e trasforma un vecchio rito in una strana giornata all’insegna di birra sarda e musica rock.

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